
Winston Conte: i media appecoronati di regime lo presentano come uno statista. Un nuovo Winston Churchill vivente contro le Forze maligne del Coronavirus. È davvero così?
Conte. L’uomo sbagliato al momento sbagliato? C’è da chiederselo…
Infine, il Gates-Coronavirus. Non perché sia uscito dai laboratori biotech di Bill Gates, ma perché la fondazione di filantrocapitalisti “Bill & Melinda Gates Foundation” sarà quella che intascherà decine di miliardi di dollari dalla “pandemia” Sars-CoV-2 e, proprio grazie ai pantagruelici guadagni che il CoV19 procurerà alla fondazione dei Gates, l’epidemia diverrà conosciuta come Gates-CoV-2.
Per linearità e semplificazione espositiva, da oggi in poi definiremo la Ur-Sinistra tardo-capitalista, neoliberista, globalista, antidemocratica, antisociale, antipopolare, antinazionale, elitaria, epistocratica, come SOROSISMO.
Soros, Fenomenologia del Dittatore Globale nell’Era del Coronavirus
TORNIAMO A WINSTON CONTE
Giuseppe Conte, universalmente conosciuto come “Giuseppi” dopo il clamoroso endorsement di Donald Trump – un presidente USA tanatocapitalista che, quanto a psicopatia, fa a gara con George Soros – ha svestito i panni dell’Avvocato del Popolo (peraltro abbandonati dopo il trasformismo politico dei grillini e la conversione ad U verso la Ur-Sinistra PD) e sembra aver gettato alle ortiche anche la mitica pochette, assumendo il piglio dello statista che salva la propria nazione dalla barbarie nazifascista del Coronavirus.
È la nostra ora più buia, ha declamato Winston Conte. Ma lui, a differenza del vero Winston Churchill, si astiene dal farsi vedere o, anche solo avvicinarsi, ad un ospedale, mentre lo statista inglese, subito dopo ogni bombardamento della Luftwaffe, si presentava davanti alle rovine e motivava gli Inglesi con discorsi esaltanti e mostrando, fermo come una roccia, la V di Victory.
Anzi, mentre nel resto d’Italia erano irreperibili – anche per il personale sanitario – mascherine e guanti, Winston Conte creava a Palazzo Chigi il San Giuseppi Hospital:
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dopo avere dichiarato a fine gennaio l’emergenza sanitaria nazionale ha fatto quel che nei manuali era scritto in quei casi: cercare approvvigionamenti di materiale sanitario utile a proteggersi dal coronavirus, dalle mascherine ai guanti al gel, perfino i camici e le bombole di ossigeno. Solo che non ha pensato agli italiani, ma prima di tutti a se stesso e certo anche ai suoi collaboratori. Perché in pieno mese di febbraio, circa due settimane prima che il governo chiedesse a Consip di cercare di fare la stessa cosa per tutti gli altri italiani, sono iniziati con successo gli acquisti di Palazzo Chigi per proteggere Conte e chi lavorava con lui. E pensate. Mentre tutta Italia impazziva a cercare le mascherine che non c’erano in alcuna farmacia e solo per pochi giorni si trovavano on line a prezzi folli, mentre gli ospedali e le case di cura non riuscivano a proteggere medici e infermieri che rischiavano la vita, la presidenza del Consiglio ha messo da parte veri e propri arsenali con cui resistere nel bunker anche per lunghi mesi. […]
Conte è protetto e curato molto meglio a palazzo Chigi che dentro un qualsiasi ospedale italiano, ed è sicuro come nemmeno è capitato in Cina a Xi Jinping. Molto meno sicuri siamo tutti noi nelle sue mani. (Franco Bechis, iltempo.it)
Il nostro Winston, dopo essersi preoccupato di se stesso e dei propri collaboratori, si è limitato all’emanazione di svariati DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) che, oltre a limitare in modo grave le Libertà e i Diritti costituzionalmente sanciti degli Italiani, hanno prodotto quasi esclusivamente l’effetto di moltiplicare schizofrenicamente nuove autocertificazioni.
Al momento siamo alla quinta versione. Dopo il guazzabuglio disorganico del DPCM 26 aprile 2020.
Aria fritta che ben poco ha aiutato il personale medico in trincea, ma che tanto, e in modo distopico, opprime l’Italiano medio rispettoso delle leggi, mentre nulla ci viene detto a riguardo dei circa 600.000 clandestini ufficiali (ma secondo il Capo della Polizia Franco Gabrielli essi sarebbero addirittura 1.993.466, ovverosia il 3,3% della popolazione in Italia).
Anche a costoro vengono applicate la misure costrittive e claustrofobiche imposte agli Italiani?
E siffatte restrizioni vengono applicate integralmente ai migranti che continuano a confluire in Italia, malgrado l’epidemia, e grazie al fattivo contributo dei taxi del mare di Soros?
Forse c’è chi pensa che si possa sconfiggere il Coronavirus rincoglionendolo a colpi di autocertificazione…

Torniamo seri: la Sanità Pubblica è stata macellata e sfracellata soprattutto dai Governi a guida o appoggiati dal PD – a partire dal Gauleiter merkeliano Mario Monti – favorendo così banche, assicurazioni e cliniche private – i comparuzzi del Dittatore Globale George Soros, e il tutto giustificato con il pretesto che “ce lo chiede la (dis)Unione Europea”…
70.000 posti letto in meno, soprattutto quelli in rianimazione, quasi 45.000 addetti in meno, 200 ospedali chiusi.
Settantamila posti letto in meno in dieci anni. Centosettantacinque gli ospedali chiusi. Liste d’attesa sempre più lunghe che fanno aumentare la spesa privata. E per curarsi gli italiani fanno sempre più debiti nel silenzio di una politica che è al riparo da ogni rischio con superpolizze pagate con denaro pubblico. È lo scenario della sanità italiana in cui fa capolino il terzo incomodo: le assicurazioni che intravedono un grande mercato da conquistare. Il cambiamento in atto è epocale e sta progressivamente smantellando il Servizio sanitario nazionale creato nel 1978 per offrire assistenza a tutti i citttadini, come raccontano Massimo Quezel e Francesco Carraro nel libro Salute spa, in uscita in queste ore con Chiarelettere.
In circa 150 pagine i due esperti del settore (Quezel è patrocinatore stragiudiziale, Carraro è avvocato) ripercorrono le tappe di un progressivo smantellamento della macchina sanitaria italiana e la creazione di un vuoto che le compagnie assicurative si preparano a riempire, trasformando il diritto alle cure in un’area riservata solo a chi ha denaro da spendere. “Tra il 2007 e il 2014, l’Italia è stata una delle poche nazioni avanzate in cui la spesa sanitaria pro capite – già tra le più basse – si è contratta anziché aumentare. E ciò accade perché tendiamo a ridurre sempre di più la quota degli investimenti destinata a migliorare il nostro sistema. Dal 2009 al 2013 i nostri investimenti sono in picchiata, essendo diminuiti del 30 per cento, mentre francesi e tedeschi hanno aumentato del 10 per cento le somme destinate al comparto della sanità”, scrivono Quezel e Carraro. (ilfattoquotidiano.it)
Persino uno dei media corifei del Sorosismo filantropico e neoliberista, la Repubblica, è costretta ad ammettere:
La sanità italiana in trincea contro il coronavirus arriva all’appuntamento debilitata: malgrado le risorse recuperate negli ultimi anni, il trend è rimasto discendente, tanto che, stando al report della Fondazione Gimbe del settembre 2019, il finanziamento pubblico è stato decurtato di oltre 37 miliardi in dieci anni, di cui circa 25 miliardi nel 2010-2015 per tagli conseguenti a varie manovre finanziarie ed oltre 12 miliardi nel 2015-2019, quando alla sanità sono state destinate meno risorse di quelle programmate per esigenze di finanza pubblica.
Emblematici i tagli alla Sanità laziale operati proprio da Nicola Zingaretti – «Il decantato piano di rientro del presidente Zingaretti, che a mio avviso è solo un piano di impoverimento, si è rivelato un flop perché non ha fatto altro che tagliare i servizi, tant’è che spesso per curarsi i cittadini sono costretti ad andare fuori regione» – quello stesso governatore regionale che circa un mese dopo la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, con la quale è stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, esattamente il 27 febbraio 2020,
brindava con aperitivo e sorriso smagliante, in compagnia di altri astanti a pochi centimetri di distanza gli uni dagli altri.
«Un aperitivo a Milano, ho accolto l’appello lanciato dal sindaco Sala e dal Pd Milano. Non perdiamo le nostre abitudini, non possiamo fermare Milano e l’Italia. La nostra economia è più forte della paura: usciamo a bere un aperitivo, un caffè o per mangiare una pizza. Coraggio, reagiamo e uniti ce la faremo!».
Guarda caso, lo Zinga (come lo chiama Crozza), l’8 marzo, a poco più di una settimana da siffatte esternazioni, è risultato positivo al Coronavirus.
«I medici mi hanno detto che sono positivo al Covid19. Sto bene ma dovrò rimanere a casa per i prossimi giorni. Da qui continuerò a seguire il lavoro che c’è da fare. Coraggio a tutti e a presto!». Il videoannuncio, lanciato nella tarda mattinata di ieri, è arrivato con il solito sorriso di Nicola Zingaretti che, dopo essersi alzato con una leggera febbre, ha deciso di sottoporsi alla prova del tampone. E l’esito ha rabbuiato i volti di molti, a partire da quelli che lo hanno incrociato in questi giorni nella sua duplice veste di segretario nazionale del Pd e di presidente della Regione Lazio. Mandando in una sorta di quarantena parte del Palazzo: la viceministra dell’Istruzione, Anna Ascani (Pd), il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio (FdI) e il sindaco di Firenze, Dario Nardella (Pd).
Ma nelle ultime 2 settimane la doppia agenda degli appuntamenti di Zingaretti l’ha visto passare in quasi tutti i palazzi delle istituzioni non solo romane (il 27 febbraio ha infatti partecipato all’aperitivo milanese con il sindaco Beppe Sala). L’ultima uscita pubblica c’è stata venerdì 6 con la conferenza stampa indetta in Regione proprio per illustrare la nuova ordinanza contro il coronavirus. «È il momento della responsabilità di tutti. Di ciascuno di noi. Siamo chiamati a fare la nostra parte, grande o piccola che sia. Solo i comportamenti virtuosi di tante persone ci possono aiutare a superare questa situazione», (“Il paziente Zingaretti ha girato mezza Italia”)
È pur vero che al tempo, il 27 febbraio, i dati erano i seguenti: 14 morti, 528 contagi e 42 guariti. Ma è altrettanto vero che il contagio era concentrato soprattutto in Lombardia e la prudenza sarebbe stata quantomeno doverosa.
Non dimentichiamo che appena due giorni prima, il 25 febbraio, il governo giallo-rosSoros guidato da Giuseppe Conte emanava un D.P.C.M. con misure fortemente restrittive in varie regioni, tra cui appunto la Lombardia, che allora era il principale focolaio di quella, che di lì a pochi giorni, sarebbe stata dichiarata pandemia dall’OMS.
Tanto che persino nelle breaking news della CNN, mentre nel sottopancia appare il numero dei morti italiani del 22 marzo 2020, è stata posta la foto dell’aperitivo di Zingaretti a Milano.

Quod erat demonstrandum, nessuno in Italia ha denunciato o stigmatizzato il comportamento dello Zingaretti, neanche il Patto Trasversale per la Scienza, cofondato, da Roberto Burioni, ospite d’onore di una delle Leopolde renziane, quella del 2018, ove affermava con toni roboanti,
«Un somaro rimane tale anche con Internet, dobbiamo studiare prima di dubitare della scienza perché questa non è democratica».
Siffatto Patto ha diffidato la virologa Maria Rita Gismondo, la quale ha replicato, «Ho la coscienza a posto e chi mi attacca è pietoso». Ha anche denunciato Stefano Montanari per alcuni video postati su Youtube:
Alla luce di queste affermazioni e di molte altre con stessi toni e contenuti, ampiamente diffuse sui social e dal canale Byoblu, e visti anche l’appeal e la credibilità di cui lo stesso Montanari gode per le sue tesi anti-vacciniste, il PTS chiede all’Autorità Giudiziaria di accertare se sussistano i presupposti di illeciti penali in questi video ed in particolare l’ipotesi di pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico (Articolo 656 del Codice Penale).
Quanto affermato dal Montanari non mi convince affatto. Ma ciò che un epistemologo – cioè un ricercatore della Verità che si oppone alla Doxa come me – deve fare, sempre e comunque, è chiedersi: “Cos’è vero e cos’è falso? Soprattutto, chi lo decide?”.
Rammentiamo che la Santa Inquisizione, guidata da “san” Roberto Bellarmino, impose a Galileo Galilei di rigettare la teoria scientifica dell’Eliocentrismo. Dopo l’abiura di Galilei, il 100% degli scienziati credeva, in parte per stolidità, ma soprattutto per viltà, al geocentrismo. Un dogma antiscientifico che fa il paio con la bufala sesquipedale secondo la quale «il 100% degli scienziati crede al Riscaldamento Globale Antropico». Una fake news propalata da un Carneade dell’AGW, certo James Powell.
Il Sant’Uffizio inquisì Galileo Galilei perché egli affermava la validità scientifica dell’eliocentrismo quando ancora non erano stati sciolti tutti i dubbi. Lo scontro passò dal piano scientifico a quello dottrinale e politico e per questo fu condannato al carcere a vita, che poi fu trasformata in una condanna agli arresti domiciliari, che dovette scontare nella propria villa di Arcetri. Inoltre fu condannato a recitare preghiere quotidiane per tre anni e dovette pronunciare un atto di abiura, ovvero una dichiarazione scritta in cui disconosceva la “falsa opinione” della teoria: i reati di opinione, soprattutto quando avevano implicazioni politiche, furono sostanzialmente annullati in Europa solo dopo la seconda guerra mondiale. (wikipedia)
Il giornalista, scrittore e autore televisivo Carlo Vulpio difende @byoblu dal Patto Trasversale per la Scienza di @RobertoBurioni, che paragona al tribunale supremo della Santa Inquisizione. https://t.co/H1wq9Rqzdo
— Byoblu (@byoblu) March 29, 2020
Il già citato Patto ha denunciato anche Vittorio Sgarbi, il quale a sua volta,
ha chiesto – attraverso i suoi profili social – al PTS (Patto Trasversale per la Scienza) di riservare lo stesso trattamento anche al suo fondatore.
Nel fare tutto questo, Vittorio Sgarbi allega al suo tweet un breve articolo dell’AdnKronos del 2 febbraio 2020. Nel pezzo si riporta una dichiarazione rilasciata da Roberto Burioni a Che Tempo Che Fa, la trasmissione in onda su Rai 3 e condotta da Fabio Fazio.
#coronavirus Il “Patto trasversale per la scienza” ha intenzione di denunciare anche il suo fondatore? https://t.co/6OIie2mgmB @RobertoBurioni @ilgiornale @Libero_official @pbecchi @Adnkronos @stampasgarbi @nino_ippolito
— Vittorio Sgarbi (@VittorioSgarbi) March 27, 2020
«In Italia il rischio è zero. Il virus non circola. Questo non avviene per caso: avviene perché si stanno prendendo delle precauzioni – aveva detto Roberto Burioni ospite di Fabio Fazio -. Questi allarmi continui non sono necessari: bisogna basarsi solo sui casi confermati ed è davvero odiosa questa discriminazione contro i cinesi e contro gli italiani di origine cinese. È una cosa barbara». Questa dichiarazione, secondo Vittorio Sgarbi, dovrebbe portare il Patto Trasversale per la Scienza – che nelle ultime settimane hanno denunciato anche la dottoressa Gismondo – a riservare lo stesso trattamento anche al suo fondatore. (giornalettismo.com)
FORTUNATAMENTE ANCHE LA SCIENZA…
La Scienza non sarà democratica, ma fortunatamente deve anch’essa rispettare Leggi e Sentenze.
Apodittica al riguardo l’Ordinanza del Tribunale di Roma del 12/12/2019 contro la censura operata da Facebook – che, più che un Social Network che favorisce la socializzazione e la libertà di opinione, sembra avvicinarsi a grandi passi al Grande Fratello di Orwell, soprattutto quando si tratta di bannare chi si oppone al Politically Correct della Ur-Sinistra Globalista – nei confronti di CasaPound e dei suoi iscritti e simpatizzanti.
Ciò premesso in termini generali in ordine all’inquadramento della fattispecie sottesa all’odierna domanda cautelare, nel caso di specie sussiste il fumus boni iuris della domanda. E’ infatti evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri social network ad esso collegati) con riferimento all’attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento.
Ne deriva che il rapporto tra Facebook e l’utente che intenda registrarsi al servizio (o con l’utente già abilitato al servizio come nel caso in esame) non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto Facebook, ricopre una speciale posizione: tale speciale posizione comporta che Facebook, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finché non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dell’utente. Il rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali costituisce per il soggetto Facebook ad un tempo condizione e limite nel rapporto con gli utenti che chiedano l’accesso al proprio servizio. Conseguentemente ai principi sopra esposti, l’esclusione dei ricorrenti da Facebook si pone in contrasto con il diritto al pluralismo di cui si è detto, eliminando o fortemente comprimendo la possibilità per l’Associazione ricorrente, attiva nel panorama politico italiano dal 2009, di esprimere i propri messaggi politici. (Il grassetto è nostro. Nota di Seyan)
È pur vero che il D.Lgs. 40/2006 assegna la funzione nomofilattica alla Corte di Cassazione e, in particolare, alle decisioni a Sezioni Unite, ma l’esegesi del Tribunale di Roma è di una logica talmente esemplare ed apodittica che ben difficilmente altri Tribunali, compresa la Suprema Corte, se ne discosteranno.
Ergo, affermare che Facebook è un soggetto privato libero di comportarsi come meglio gli aggrada nei confronti degli utenti, è una solenne asineria.
Ma sembra che Mark Zuckerberg non abbia imparato la lezione, visto che Facebook, ormai divenuto il goebbelsiano Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda agli ordini del Reichführer Globale George Soros, ha appena bannato la voce democratica di David Icke, che da anni combatte contro il Fascio-Capitalismo Totalitario dei Soroi.
David Icke banned on Facebook – this fight is real – watch Rose/Icke III this Sunday, May 3 – Digital Freedom https://t.co/FCbhZCpifv
— David Icke (@davidicke) May 1, 2020
LA MACELLAZIONE DELLA SANITÀ PUBBLICA E LA “LOTTA AL CORONAVIRUS”
Oggi lo Zingaretti piange lacrime di coccodrillo, ma poco o nulla fa per invertire la deriva da lui stesso impartita alla Sanità nel Lazio.
Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha firmato l’ordinanza contenente le «misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19». Un provvedimento che dovrebbe aiutare la Regione ad affrontare l’emergenza coronavirus. È bene ricordare, però, che nelle strutture ospedaliere del Lazio in media c’è solo un letto di terapia intensiva ogni diecimila abitanti. Eppure, in questa situazione di crisi, la Regione non ha previsto di coinvolgere quelle strutture private che avrebbero i requisiti per essere accreditate, ma ancora non lo sono. Un esempio? La clinica San Raffaele di Velletri, chiusa dal 4 gennaio 2012, ma pronta ad aprire nell’arco di pochi giorni se solo ci fosse la volontà in Regione.
Invece, cosa hanno fatto Zingaretti e il suo assessore alla Sanità, Alessio D’Amato? Hanno presentato una serie di misure che non consentono di invertire la rotta rispetto agli ultimi anni. Soprattutto rispetto agli ultimi sette anni in cui l’assessore D’Amato non è riuscito a risollevare le sorti di una sanità che durante tutto il periodo del commissariamento ha perduto 16 ospedali e 3.600 posti letto. Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto redatto dal Ministero [della Salute], il Lazio negli ultimi dieci anni ha perduto anche il maggior numero di operatori sanitari rispetto alle altre regioni: 9.449.
L’ordinanza firmata ieri, innanzitutto, aumenta da 518 a 675 i posti di terapia intensiva, di cui 150 destinati alle malattie infettive come il Covid-19. Quindi, in generale, i letti in più sono 157. Ma significa anche che i posti in più riservati a tutti coloro che necessitano dell’assistenza fornita dalla terapia intensiva, ma che non hanno il coronavirus, sono 7. Proprio così: solo 7. (iltempo.it)
Il Lazio è ultimo per numero di pazienti sottoposti a tampone per numero di abitanti:
Se […] distinguiamo i tamponi eseguiti dai casi testati, fa notare YouTrend, il Lazio […] diventa fanalino coda. Si parla di appena 23.067 pazienti che, rapportati al numero della popolazione, significa 39 persone analizzate ogni 10mila abitanti. “Un livello significativamente inferiore alla penultima regione, la Campania, che – osservano da YouTrend – invece ha testato 62 persone per 10mila residenti”. Per avere un’idea delle proporzioni, il Veneto, la regione che ha adottato per prima il metodo dei tamponi a tappeto, ha esaminato 334 casi ogni 10mila abitanti. Tanto che, nei giorni scorsi, era stata anche la sindaca di Roma, Virginia Raggi, a chiedere a Zingaretti “più tamponi, soprattutto per quelle professioni a contatto con il pubblico”. […]
“Per risparmiare 70 euro – attaccava Antonello Aurigemma, consigliere di Fratelli d’Italia – si preferisce spenderne 1.200 al giorno per ricoverare i pazienti in terapia intensiva”. Già ad inizio aprile, ricostruiva Aurigemma proprio su questo giornale, le Rsa erano in allarme “per la carenza di diagnosi su ospiti e operatori”. Tanto che, incalza oggi il consigliere, la “stretta sulle case di cura è arrivata soltanto il 18 aprile, quando erano già scoppiati i casi di Nerola, Contigliano e Rocca di Papa”. “Segno evidente – aggiunge – che prima non si è fatto abbastanza per evitare scenari di questo tipo”. E a far discutere ora sono anche i test sierologici dedicati a medici e forze dell’ordine. Non solo non sarebbero ancora arrivati, ma quelli acquistati, come abbiamo scritto anche qui, sarebbero incompleti. Ovvero, traccerebbero soltanto le immunoglobuline G, quelle che indicano gli anticorpi sviluppati in seguito alla malattia. Insomma, ci direbbero soltanto se è stato contratto il virus in passato ma non ci darebbero informazioni sull’attuale positività di chi si sottopone al test. Una notizia fondamentale per individuare i pazienti asintomatici, al fine di isolarli per evitare la diffusione del contagio, ed iniziare tempestivamente le cure.
Nella prossima parte di questo saggio spiegheremo se dobbiamo continuare a parlare di Winston Conte o non piuttosto, satiricamente, di Adolf Conte, con il suo abuso di illegittimi e incostituzionali D.P.C.M.
LA SURREALE CONFERENZA STAMPA DEL 26 APRILE DI WINSTON CONTE
La conferenza stampa del 26 aprile 2020 ha assunto toni tanto allucinanti e surreali che non avrebbe sfigurato affatto all’interno del film comico “Il dittatore dello stato libero di Bananas” di Woody Allen.
Giuseppe Conte, come chiosa Nicola Porro, assume toni paternalisti da sovrano assoluto nei confronti degli Italiani, trattati come servi della gleba e col dito puntato in tono intimidatorio: «Noi consentiamo, se vogliamo», «Noi chiuderemo i rubinetti dell’apertura se la curva dei contagi risalirà anche solo di pochissimo», «Noi non ce lo possiamo permettere»…
In brevis, siamo tornati al livello di “Non debemus, non possumus, non volemus” del Papa-Re. Più che Winston Conte, abbiamo a che fare con il Premier-Re.
In realtà, dietro al tenore verbale sussiegoso e prosopopeico di Conte, “Noi siamo da esempio per tutto il Mondo”, si nasconde il timore e il tremore di un Presidente del Consiglio che dietro di sé non ha né voti né un partito, un timore che si appalesa per quella che avrebbe dovuto essere la Fase Due, trasformandosi invece nella “Fase Uno e Mezzo” (A. Sallusti).
Il nervosismo del Premier-Re era reso patente da un tic nervoso che lo vedeva far salire e scendere continuamente il suo braccio sinistro durante la conferenza stampa.
Un timore reso ancor più acuto dalle opinioni del Comitato Tecnico-Scientifico e dalla task force del bilderberger Colao, un brain storming di 450 costosi superesperti che va rapidamente trasformando la propria funzione da consultiva ad esecutiva, sfuggendo – assieme al PdC pro tempore – al necessario controllo parlamentare che dovrebbe fare da contrappeso democratico all’eccessivo e abnorme allargamento dei poteri dell’esecutivo Conte II a seguito del pretesto emergenziale Covid-19.
Emblematico che, mentre la Ur-Sinistra sorosista, i radical chic, e financo i travaglisti, si spellavano le mani ad applaudire il Presidente del Consiglio quando stigmatizzava ad agosto 2019 la pretesa di Salvini di avere i pieni poteri dal Popolo, ora che quello stesso PdC ha avocato a sè poteri anche maggiori, senza voto popolare e grazie al Coronavirus, non emettono un solo fiato, una sola protesta, poiché l’attuale esecutivo è un’emanazione della sedicente Sinistra di governo.
Da Paolo Flores d’Arcais di Micromega, che tanto conciona e soloneggia pensosamente di Ur-Fascismo, di pre-fascisti, arriva un silenzio assordante per quanto sta avvenendo in questi giorni in Italia. Eppure perfino il notissimo costituzionalista Sabino Cassese esprime grevi e gravi ambasce:
Caro Sabino, se siamo in guerra, sia pure anomala, allora vale quanto meno per analogia l’articolo 78 della Costituzione: le Camere conferiscono al governo i poteri necessari. E non, si badi, i pieni poteri. E’ così?
Nell’interpretazione della Costituzione non si può giocare con le parole. Una pandemia non è una guerra. Non si può quindi ricorrere all’articolo 78. La Costituzione è chiara. La profilassi internazionale spetta esclusivamente allo Stato ( art. 117, II comma, lettera q).
Lo Stato agisce con leggi, che possono delegare al governo compiti e definirne i poteri. La Corte costituzionale, con un’abbondante giurisprudenza, ha definito i modi di esercizio del potere di ordinanza «contingibile e urgente», cioè per eventi non prevedibili e che richiedono interventi immediati. Le definizioni della Corte sono state rispettate a metà.
Il primo decreto legge era “fuori legge”. Poi è stato corretto il tiro, con il secondo decreto legge, che smentiva il primo, abrogandolo quasi interamente. Questa non è responsabilità della politica, ma di chi è incaricato degli affari giuridici e legislativi. C’è taluno che ha persino dubitato che abbiano fatto studi di giurisprudenza. […]
A palazzo Chigi c’è un professore di diritto: avrebbe dovuto bocciare chi gli portava alla firma un provvedimento di quel tipo. Poi si è rimediato. Ma continua la serie di norme incomprensibili, scritte male, contraddittorie, piene di rinvii ad altre norme. Non c’è fretta che spieghi questo pessimo andamento, tutto imputabile agli uffici di palazzo Chigi incaricati dell’attività normativa.
Andiamo avanti. Sui Dpcm il capo dello Stato non ha voce in capitolo. A suo avviso, quell’oggetto misterioso che è il Consiglio supremo di difesa potrebbe avere una qualche voce in capitolo? O questo vale solo per il caso di guerra?
Mi chiedo: perché evocare il Consiglio supremo di difesa, se non c’è un evento bellico, e specialmente se c’è lo strumento per far intervenire uno dei tre organi di garanzia, il presidente della repubblica?
Bastava, invece di abusare dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri, ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali. […]
Per finire. Si può capire che i Costituenti ebbero orrore a parlare di stato di emergenza. Ma con il senno di poi, alla luce della guerra contro il virus, non fu un errore questa omissione? Ecome colmare, a tuo avviso, questa lacuna?
Non la ritengo una lacuna. E chi abbia letto gli articoli 48 e seguenti della Costituzione ungherese sa quali pericoli si annidino in norme costituzionali di quel tipo. C’è poi l’esperienza negativa della Costituzione di Weimar. L’unica positiva mi pare quella dell’articolo 16 della Costituzione della V Repubblica francese. La Costituzione non ha peraltro ignorato la questione, solo che ha considerato la possibilità di disporre limiti dettati dalla urgenza e dal pericolo caso per caso, per singole libertà. (“Cassese: La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi”. ildubbio.news)
Anche il Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, denuncia la «curvatura autoritaria» di Darth Conte.
“Anche di fronte a fatti come una pandemia, che comporta una serie di limiti forti e stringenti alle libertà fondamentali dell’individuo stabilite in Costituzione, ci vuole una legge. Quindi il Parlamento deve dire in che modo vanno limitate queste libertà e dare i poteri al Governo.Invece in questo caso sono stati fatti a monte dei decreti legge, però a maglie molto larghe. Infatti i limiti alla libertà, come quello di movimento, sono stati fatti con lo strumento del DPCM.
Un atto amministrativo che viene preso dal Presidente del Consiglio dei ministri da solo, senza alcun controllo, non passa dal Presidente della Repubblica per la promulgazione, non passa per il Consiglio dei Ministri che vengono esautorati, compreso il ministro della Sanità. Tutto questo è contro la Costituzione”. (radioradio.it)
Non va assolutamente sottovalutato l’esplicito riferimento di Cassese alla Repubblica di Weimar. Proprio l’abuso dell’art. 48 della Costituzione di Weimar permetteva l’attribuzione di poteri eccezionali.
L’articolo 48 della Costituzione della Repubblica di Weimar di Germania (1919-1933) permise al Presidente, in determinate circostanze, di adottare misure di emergenza, senza il preventivo consenso del Reichstag. Questo potere è stato utilizzato per ottenere la promulgazione dei “decreti di emergenza (Notverordnungen)”. (it.qwe.wiki)
Il 30 gennaio del 1933, Adolf Hitler fu nominato cancelliere della Germania. In mancanza di una solida maggioranza nel Reichstag, l’ex caporale boemo formò una coalizione con la DNVP di Hugenberg.
Indisse nuove elezioni politiche generali nella data del 5 marzo. Sei giorni prima delle stesse, il 27 febbraio, avvenne l’Incendio del Reichstag innescato proprio dalle SS hitleriane, con i nazisti che usarono l’evento come pretesto per ottenere dal Presidente von Hindenburg la firma del Decreto dell’Incendio del Reichstag, ufficialmente la Verordnung des Reichspräsidenten zum Schutz von Volk und Staat.
Ai sensi del decreto, emesso da Hindenburg sulla base del citato articolo 48, al governo hitleriano veniva dato il potere di limitare tutti i diritti costituzionali, tra cui l’habeas corpus, la libertà di espressione, la libertà di stampa, il diritto di riunione, la libertà degli spostamenti e la segretezza della corrispondenza.
La vicende dell’Imperatore del Male di Star Wars, Darth Sidious, che, come Cancelliere Palpatine, si era fatto conferire i pieni poteri dal Senato della Repubblica grazie al pretesto di dover contrastare le crescenti rivolte e le spinte separatiste della Federazione dei Mercanti e della Confederazione dei Sistemi Indipendenti è la perfetta allegoresi della Germania del 1933 e dell’Italia del 2020.
Quasi unanimamente Mario Monti viene oggi ricordato come l’Economista che ha distrutto l’Economia in Italia. Con grandi probabilità Giuseppe Conte verrà ricordato come l’Avvocato che ha avviato la distruzione delle Libertà Costituzionali in Italia.
Con innumerevoli DPCM che paiono avere lo stesso valore delle gride manzoniane.
Il tutto nel silenzio sepolcrale dei nebbiosi e irti colli (La nebbia agli irti colli piovigginando sale… G. Carducci)
Le gride furono rese famose da Alessandro Manzoni nel suo romanzo I promessi sposi, ove l’autore sostiene che si trattava di disposizioni emesse con titoli altisonanti, con linguaggio contorto e articolato anche in dettagli e dove venivano annunciate pene assai severe per coloro che non le avessero rispettate, ma che poi, nella realtà, venivano ampiamente disattese. (wikipedia)


Nella prossima puntata discetteremo proprio dell’incostituzionalità e dell’illegittimità dei DPCM di Winston Conte. E di come Darth Conte e la sua coalizione piddo-grillista ci stiano spingendo verso un Totaler Staat stolido oltreché fascistoide.
(Fine Prima Parte – segue)
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